Associazione Incremento Pecco
Semplicemente divertimento
PECCO
Un piccolo paese, un angolo di paradiso
Pecco si trova a mt. 650 di quota, conta 223 abitanti, dista da Torino 50 chilometri e 16 da Ivrea.
L'etimologia, ormai quasi suffragata, pare proprio risalire al termine latino pecus, bestiame, gregge,
ad indicare l'attività principale dei suoi abitanti, allevatori essenzialmente di ovini e caprini prima,
di maiali poi.
Importanti in passato anche alcune lavorazioni artigianali, quali la fabbricazione di zoccoli e la
tessitura di famose coperte di filato misto e tinto nei colori rosso e blu, oggi introvabili.
Il paese si sviluppa ai piedi di un'ansa collinare e guarda con un'apertura a 360° a partire dal nord,
l'alta Valchiusella e le Pennine, il Monbarone, la Serra, quindi la pianura canavesana e il corso del
Chiusella, infine lo splendido arco delle Alpi Graie e Cozie con il Monviso.
A nord-ovest sovrasta l'abitato la chiesa di San Michele, ad ovest, più lontano rispetto al nucleo
originario del paese, su di un poggio, sono rintracciabili i resti dell'antico Castello D'Arundello.
Dai documenti dell'epoca si deduce che nel 1176 Filiberto e Oberto figli del conte Enrico di
San Martino e i signori di Loranzè acquistarono da certi fratelli Griva o Riva di origine longobarda
la rocca, evidentemente considerata un luogo strategico sulla vallata del Chy, e ivi edificarono
il loro castello.
Dice il Bertolotti che "detti San Martino, come gli altri, avevano il titolo dal nome del loro
principale castello, così i suddetti si dissero di Arundello".
Non è certa invece l'origine del toponimo Arundel, mentre non è stata ancora dimostrata l'ipotesi
di un legame con il noto casato del Sussex inglese dei conti d'Arundel fatta dallo stesso Bertolotti;
vero è che nel 1241 Pietro II di casa Savoia, valente condottiero, entra solennemente in Londra e
avrebbe potuto essere accompagnato nelle sue gesta d'oltremanica da un cadetto del ramo San Martino
d'Arundello.
La teoria, fascinosa, evoca suggestivamente quel Medioevo in cui i pellegrini e gli uomini d'armi percorrevano in
lungo e largo un'Europa senza frontiere in nome ciascuno del proprio credo, più celeste o più
terreno che fosse.
Il castello conobbe altre vicende, fu dato alle fiamme e per buona parte distrutto durante la
rivolta del Tuchinaggio verso la fine del 1300 e in seguito ricostruito dai conti; con l'annessione
delle terre canavesane al ducato di Savoia perse la sua importanza di sentinella vigilante sulla valle del Chy.
Estinti gli Arundello, il castello e la giurisdizione passarono ai Pochettini di Serravalle fino a quando
alla metà dell'Ottocento, dopo altri due incendi, Monsignor Pochettini, vescovo di Ivrea, mise ad incanto
il possedimento che fu aggiudicato a Minellono Giovan Battista di Gauna.
Dell'edificio originale restano oggi la torre sud con l'adiacente corpo centrale ed alcuni muri perimetrali.
Legate al castello esistono, ovviamente, allusioni a fantasmi, una giovane triste fanciulla, vagante inquieta per le stanze del maniero, e alcune classiche leggende, tra cui quella del lago di Chy che occupava buona parte del territorio della bassa valle e che sarebbe stato prosciugato, per amore della bella castellana di Pecco, dal suo principe innamorato come prova impostagli per averla in sposa.
Accanto al castello si trova una piccola cappella dedicata alla Madonna della Neve, nei secoli scorsi meta di pellegrinaggio da parte dei contadini dei dintorni per preghiere propiziatorie nei periodi di forte siccità.
La chiesa parrocchiale dedicata a San Michele arcangelo è documentata dall'inizio del 1600,
ma sicuramente l'edificio attuale fu costruito su di uno più antico, accanto al campanile,
risalente ad almeno tre secoli prima.
La tradizione vorrebbe che proprio quel campanile servisse a chiamare a raccolta i fedeli
della bassa valle per convogliarli alle funzioni nella chiesa di Lugnacco, primo edificio
di culto della Valle di Chy.
La chiesa si presenta costituita di tre piccole navate e porta raffigurato sulla facciata
l'arcangelo Michele con in mano le famose bilance che l'iconografia popolare gli attribuisce
in qualità di conduttore di anime all'al di là, dopo aver soppesato le buone azioni e i
peccati della vita terrena.
Il sagrato di quest'ultima è un bel punto panoramico sulla media Valchiusella,
sulla conca di Rueglio e sulle vette circostanti.
Il Castello D'Arrondello
Tracce di un passato glorioso
La presenza dell'uomo nel Canavese può farsi risalire a più di 5000 anni addietro. Le prime tracce rinvenute in Valchiusella risalgono ad almeno 3000 anni a.C. e precisamente in alta Valchiusella nelle incisioni rupestri della "Pera di Crus", in Alice Superiore in regione Torbiera in alcuni resti di insediamenti palafitticoli, in Lugnacco con un menhir di notevoli dimensioni. La storia ufficiale non ci ricorda nomi di popoli prima dei salassi, tribù celtica, scesa dai monti della Gallia, abili ricercatori di minerali ferrosi che poi forgiavano in valle utensili agricoli. Da loro i romani stessi, che li assoggettarono nel 25 a.C., impararono la tecnica del sovescio. Scarse sono le notizie che si hanno di questa zona per il periodo di maggiore fulgore di Roma e nemmeno si ha notizia sicura di stanziamenti barbarici; è certo che in epoca successiva la Valle fece parte dell'importante Marca di Ivrea, creata da Carlo magno in pieno regime feudale. Nel 951 i territori della valle vennero donati ad un monastero di Pavia da Berengario II. Con Arduino di Ivrea i nostri paesi tornarono al Regno d'Italia, ma nel 1015 furono riconsegnati al potere ecclesiastico del Vescovo di Vercelli.. con il condono generale del 1019, pur con tante riserve, le terre tornarono agli Arduinici e nel 1037, con la promulgazione della "Costitutio de Feudis", definitivamente, gli stessi legalizzarono i loro titoli comitali. I conti di San Martino in Alice e la Valle di Chy; i conti di Castellamonte nella Valle di Brosso. Le varie famiglie dei conti Arduinici erano sempre in lotta fra di loro, sobillati ed aiutati dagli Alearici e dai Savoia. I valligiani, gravati da tributi e stanchi di continue guerre e saccheggi scesero in rivolta (tuchinaggio) contro tutti i nobili; distrussero il castello di Brosso, la casaforte di Alice, il castello di Arundello. Alle lotte pose fine Amedeo VII di Savoia (Conte Rosso) tramite il capitano Ibleto di Challant nel 1387, accettando sotto la propria giurisdizione l'intera valle. I secoli XVI- XVII- XVIII videro la Valle alternarsi tra periodi di pace e lunghi anni di guerre e saccheggi che portarono anche in valle la peste. Dopo la metà del 1700 iniziò un periodo di sviluppo favorito dalla pace, fiorirono le attività estrattive a Traversella e Brosso e le fucine di Meugliano, Alice e Vistrorio. Alla fine del secolo arrivarono i francesi; portarono nuove leggi e i costumi giacobini della rivoluzione; ma non furono ben accettati dalla popolazione contadina che si ribellò con l'insurrezione degli "Zoccoli". Solo Napoleone riuscì a dominare la rivolta e a portare la pace. Con il ritorno dei Savoia nel 1814 la storia della Valle e quindi di Alice Superiore, si congiunge, confondendosi, alla storia del Regno Sardo prima e del Regno d'Italia poi.
Memoria del nostro Santo Padre Martiniano e delle due sante donne Zoe e Fotinia (13 febbraio)
La storia del nostro santo protettore
San Martiniano era nato a Cesarea di Palestina, alla fine del IV secolo. Attratto da Dio sin dalla
giovane età, già a diciotto anni rinunciò al mondo e andò a praticare la vita ascetica su una montagna
chiamata "Luogo dell'Arca", dove vivevano altri santi eremiti. Per ventisette anni si concedette con
un tale ardore alle fatiche della virtù che acquisì il potere di compiere miracoli. Il demonio, geloso
di tali progressi, cercava di distrarlo dalla preghiera incessante con ogni sorta di rumore e di
terribile apparizione, suggerendogli pensieri impuri; ma il santo rimaneva imperturbabile e confidava
nel soccorso divino.
Una prostituta, avendo saputo la costanza angelica di Martiniano nei confronti delle tentazioni, disse
che, se era ancora casto, ciò derivava dal fatto che non aveva avuto occasioni di peccare e giurò che
lo avrebbe sedotto con ogni mezzo. Si presentò alla sua cella in una sera di forte pioggia, vestita di
stracci, supplicando l'asceta di offrirle un rifugio per la notte. Mosso a compassione e temendo che
le belve potessero divorarla, l'uomo di Dio le aprì la porta, la riscaldò davanti ad un focolare e le
dette da mangiare alcuni datteri; dopodiché si ritirò in una stanza all'interno dove trascorse quasi
tutta la notte in preghiera, cantando salmi prima di coricarsi. Ma quando fu assalito da pensieri
impuri riguardo alla donna, si alzò in piena notte e si recò dall'ospite per congedarla. Appena aprì
la porta non gli si presentò la povera mendicante ma una donna riccamente vestita che, per il suo
sorriso seducente, gli ricordò gli esempi dei profeti e degli apostoli che avevano preso moglie, tanto
che anni di ascesi e di lotta contro i demoni furono di colpo cancellati. Dando il suo consenso al
peccato, chiese un istante per controllare che non fossero in arrivo dei visitatori; mentre scrutava
l'orizzonte, Dio ebbe compassione del suo servo e risvegliò la sua coscienza con il raggio della
Grazia. Martiniano, appena fu conscio dell'errore in cui stava per cadere, raccolse dei rami d'albero,
accese un fuoco e vi entrò a piedi nudi, dicendo:" Sventurato, prova a sopportare questo ardore!
Come potresti tollerare il fuoco eterno se ti accostassi a questa fanciulla?" Dopo essere uscito,
una prima volta, dal fuoco, vi si rigettò una seconda, gridando:" Perdonami, Signore! Te solo amo
ed è per Te che mi consegno alle fiamme!" Sentite tali grida, la miserevole creatura accorse fuori
e, turbata dalla visione del sacrificio volontario di Martiniano, si convertì all'istante, gettò
i suoi gioielli nel fuoco e, in lacrime, ai piedi del santo, lo supplicò di mostrarle la via del
pentimento. Martiniano la perdonò e l'inviò al monastero di Santa Paola dove rimase per dodici anni,
con una tale santità di vita che Dio le accordò il potere di compiere molti miracoli.
Quanto a San Martiniano, trascorsi sette mesi e rimessosi dalle ferite, decise di ritirarsi su di
uno scoglio battuto dalle onde, in mare aperto, sperando in questo modo di essere risparmiato dalle
tentazioni carnali. Qui trascorse dieci anni, totalmente esposto alle intemperie e sostenendosi con
il lavoro manuale e con i viveri che era solito portargli tre volte all'anno un marinaio. Malgrado
avesse preso tali precauzioni per assicurarsi una santa calma, doveva ancora comprendere che, sulla
terra, non esiste un luogo che sia al riparo dalle tentazioni. Una notte, mentre una nave passava in
prossimità dello scoglio, il demonio scatenò una tempesta così violenta che il vascello affondò sotto
i colpi delle onde impazzite, lasciando come unica superstite una ragazza di grande bellezza che,
sostenuta da una tavola di legno, arrivò allo scoglio di Martiniano. Visto il sant'uomo, implorò il
suo aiuto.
Martiniano intuì che si trattava di una nuova tentazione lanciata dal demonio; si armò della preghiera
e fece uscire la ragazza dall'acqua, ma subito le disse:" Non possiamo stare qui insieme; ecco del
pane e dell'acqua. Tra qualche giorno un marinaio che è solito rifocillarmi attraccherà allo scoglio.
Raccontagli la tua storia e di riporterà in patria." Dopo averle raccomandato di praticare la virtù,
si fece il segno della Croce e si gettò in mare. In quel momento, due delfini inviati dalla
Provvidenza lo fecero salire sul dorso e lo portarono sano e salvo fin sulla riva. Rendendo gloria a
Dio, il santo decise di vivere come uno straniero, errando di luogo in luogo, mantenendosi con le
elemosine e senza legarsi d'amicizia con alcuno. In due anni, attraversò più di centosessanta città,
giungendo sino ad Atene dove il Signore gli rivelò la sua prossima morte. Il vescovo fece visita
all'uomo di Dio, domandandogli la preghiera per lui e per il suo popolo, appena fosse giunto in
Paradiso. Fu così che Martiniano rese l'anima a Dio per ricevere la corona dei martiri poiché era
volontariamente passato attraverso il fuoco e l'acqua per conservare intatta la purezza. Quanto alla
giovane naufraga, di nome Fotinia, rimase, per altri sei anni, sullo scoglio, seguendo l'esempio di
Martiniano. Vestita con abiti maschili, lavorando solo con le proprie mani e perseverando costantemente
nella preghiera, rese santamente l'anima a Dio all'età di venticinque anni e fu sepolta, con
solennità, a Cesarea di Palestina.
A.I.P.
Nel 1966 un gruppo di intraprendenti pecchesi decide di dar vita a una pro-loco del paese, ma per
la mancanza di attrezzature ricettive alberghiere l'Ente Provinciale del Turismo non ne concede
la costituzione.
Se non possono avere una pro-loco i pecchesi non si scoraggiano, redigono uno statuto, aprono un
tesseramento e danno corso al loro primo programma: nasce cosi L'Associazione Incremento Pecco,
che dagli originari 40 iscritti, divisi in soci fondatori, sostenitori e ordinari, ha raggiunto
in questi ultimi decenni un notevole numero di adesioni, a dimostrazione dell'ottimo lavoro svolto
dai vari Consigli Direttivi.
Fra gli scopi precipui del sodalizio vengono indicati la tutela dei luoghi e delle tradizioni locali,
la promozione di manifestazioni, soprattutto in occasione delle feste dei santi patroni,
l'organizzazione di attività sportive e ricreative, la realizzazione di convegni culturali, concerti,
e anche, cosa abbastanza inusitata, l'assistenza alla persone bisognose. Infatti parte dell'utile
dell'Associazione è frequentemente devoluto in beneficenza e determinate manifestazione e attività
sono proposte per sostenere organizzazioni con finalità umanitarie o per sensibilizzare l'opinione
pubblica nei confronti di coloro che si trovano a convivere con problemi di natura fisica o
psicologica.
L'AIP inoltre è sempre stata disponibile a collaborare con le altre associazioni e a cooperare con
L'amministrazione Comunale e la Comunità Montana. Ha dato un notevole apporto alla realizzazione in
Valchiusella di gare podistiche, ciclistiche e motoristiche e di raduni bandistici, ha contribuito
con i propri proventi al miglioramento delle infrastrutture comunali e ha fattivamente partecipato a
Valchiusella in festa promossa in questi ultimi anni dalla Comunità Montana, così come aveva
entusiasticamente presenziato ai Campanile Valle organizzati nel passato.
Manifestazione che negli anni hanno ottenuto grande successo sono state alcune serate musicali con la
partecipazione della Corale Polifonica Valchiusella, del corpo Coro Alpino Eporediese, de La Rupe di
Quincinetto, del Duo Modesti con sonate per pianoforte e violino di famosi compositori dell'800e '900
e i concerti della banda locale e delle altre bande valchiusellesi ; la rappresentazione di divertenti
pièces delle Filodrammatiche di Vidracco, di Rueglio, di San Giovanni, e soprattutto di Pecco, i
fuochi d'artificio, alcune combattute edizioni delle gare bocciofile per le "Vecchie Glorie", la
"Festa del Villeggiante", le feste caratteristiche del paese, quella di San Martiniano in Luglio e
quella di San Michele in settembre, durante le quali vengono di volta in volta attuate sempre nuove e
apprezzate manifestazioni.
Il Consiglio Direttivo per il biennio 2010-2011 è costituito da:
Marco Gedda (Presidente),
Michele Gedda (Vicepresidente membro di diritto in qualità di sindaco),
Claudio Mabritto (Tesoriere),
Cristiano Formento (Consigliere Fiduciario),
Eraldo Gedda,
Marco Obero Tarena,
Maurizio Olivieri,
Adriano Oldin (Consiglieri).